La Luce come simbolo di speranza e di rinnovamento
Se c’è una cosa che è subito balzata ai nostri occhi non appena ci siamo trasferiti quassù a Ca’ dei Signori, è proprio il gioco della luce nelle varie stagioni.
Non esiste un momento in cui non rimaniamo ammaliati e senza fiato di fronte alle meraviglie cromatiche che si creano di fronte ai nostri occhi e non è difficile pensare a quanto questa potenza luminosa abbia assunto un profondo significato simbolico durante i secoli, contribuendo a formare le tradizioni e le credenze che si sono tramandate fino ai giorni nostri e che sono diventate parte integrante del nostro essere.
In questo articolo vogliamo raccontare un po’ quelle che sono le leggende e le tradizioni del nostro territorio che caratterizzano il passaggio simbolico dal buio dell’inverno alla luce delle stagioni più miti che portano con sé promesse di speranza, abbondanza e rinnovamento.
Stiamo parlando della tradizione della Candelora che affonda le sue radici nel passato pagano di Imbolc e che si collega alla credenza popolare dei Giorni della Merla, tutte sfumature di un unico grande tema centrale, il ritorno della Luce.
Indice:
Imbolc: la promessa di primavera
La Canderola: la Luce che purifica
I Giorni della Merla: il culmine dell’inverno
Imbolc: la promessa di primavera
Quando si pensa alla luce che torna, ci si ritrova inevitabilmente a immaginare i primi raggi che, dopo i lunghi giorni bui dell’inverno, iniziano timidamente a fare capolino. In passato, questo momento di transizione non era solo un fatto meteorologico, ma un vero e proprio simbolo di rinnovamento, speranza e continuità della vita.
Imbolc, celebrato dai Celti tra l’1 e il 2 febbraio, era proprio questo: il momento in cui si accoglieva la promessa di primavera. Questa festività, tradotta letteralmente “nel grembo” e chiamata anche Omlec, ovvero “latte di pecora”, rappresenta la celebrazione del grembo della Terra dove sono custoditi i semi dormienti che in questo periodo dell’anno iniziano a germogliare, e dove il latte del bestiame inizia a essere prodotto dopo aver messo al mondo la prole.
La Dea onorata a Imbolc è Brigid, che per i Cristiani è divenuta Santa Brigida, compatrona d’Europa insieme a Santa Chiara. Brigid, con il suo fuoco eterno, rappresentava la protezione, la luce e la fertilità, elementi che univano natura e spirito in un abbraccio sacro.
Imbolc, perciò, era il tempo delle purificazioni e delle benedizioni: le greggi iniziavano a produrre latte e i semi nella terra venivano benedetti per il raccolto futuro. I fuochi accesi nelle notti di Imbolc non erano solo simboli di calore, ma anche richiami al sole, che si avvicinava ogni giorno di più. Questo periodo dell’anno rappresentava un ciclo di morte e rinascita sia fisica che spirituale, in cui la natura si preparava a sbocciare di nuovo.
La Candelora: la Luce che purifica
Quando le tradizioni pagane incontrarono il Cristianesimo, molte delle loro simbologie furono rielaborate. Imbolc si trasformò nella Candelora, una festa cristiana che si celebra il 2 febbraio, quaranta giorni dopo il Natale, che ricorda la presentazione di Gesù al Tempio e la purificazione rituale di Maria.
Prende il nome dal rito della benedizione delle candele, che simboleggiano Cristo come “luce per illuminare le genti”, secondo le parole del vecchio Simeone nel Vangelo di Luca. Il 2 febbraio, perciò, si benedicono le candele, simbolo di protezione e speranza in un momento di rinnovamento spirituale.
Sulle montagne dell’Appennino Tosco-Emiliano, questa simbologia si è radicata profondamente nella cultura popolare. Qui, accendere una candela non era solo un gesto religioso, ma un modo per scacciare il buio, invocare protezione e sperare in una primavera fertile.
Le candele illuminate durante la Candelora non erano solo oggetti di fede, ma strumenti per illuminare il cammino della comunità verso tempi migliori. Le famiglie si riunivano, raccontavano storie e benedicevano le loro case, cercando conforto nella luce.
Un elemento interessante è che, in alcune tradizioni locali, si osservava il tempo meteorologico proprio in occasione della Candelora per trarne auspici sul prosieguo dell’inverno. “Se è bello il giorno della Candelora, dell’inverno semo fora, ma se piove o tira vento, dell’inverno semo dentro”: un proverbio che riflette ancora una volta quanto la luce e il clima fossero centrali nella vita delle comunità agricole.
I Giorni della Merla: il culmine dell’inverno
E poi ci sono i Giorni della Merla, quelle ultime giornate di gennaio che, secondo la credenza popolare, sono le più fredde dell’anno. La leggenda narra di una merla bianca che, per sfuggire al gelo, si rifugiò in un camino, uscendo infine con le piume nere, simbolo di trasformazione e resilienza.
Questa storia, che si intreccia perfettamente con il tema del ritorno della luce, rappresenta lo spartiacque tra il cuore dell’inverno e il suo declino. Anche nelle tradizioni contadine del nostro territorio, i Giorni della Merla erano un momento di osservazione: si diceva che il clima di quei giorni avrebbe predetto l’andamento della primavera, un elemento cruciale per le comunità agricole dell’Appennino. Questi giorni, per quanto gelidi, portavano con sé la speranza di un cambiamento imminente.
Nel legame tra i Giorni della Merla e Imbolc si intravede una continuità simbolica: da un lato il gelo che sembra raggiungere il suo apice, dall’altro il primo timido segno di luce e calore che torna. Due momenti che insieme raccontano un ciclo eterno di morte e rinascita.
La Luce come simbolo eterno
Nel nostro territorio, racconti come questi non sono mai stati solo storie da condividere accanto al focolare, ma veri e propri strumenti di connessione con il paesaggio e il ritmo delle stagioni.
Monterenzio e i suoi dintorni di campi e boschi, custodiscono tracce di questa sapienza antica. Accendere una candela alla Candelora, osservare i giorni più freddi di gennaio o celebrare i primi segni di primavera erano (e in qualche caso sono ancora) modi per ritrovarsi e onorare il rapporto con la terra.
Le tradizioni legate alla luce e al calore rispecchiano non solo un bisogno pratico, ma anche un profondo desiderio di speranza e di sicurezza per il futuro. Queste usanze non erano soltanto rituali, ma parte di un sistema di credenze che guidava il vivere quotidiano.
Riscoprire le tradizioni
Che cosa ci insegna tutto questo oggi? Forse che, in un mondo così frenetico e spesso disconnesso dalla natura, vale la pena fermarsi a osservare il ritmo della luce e delle stagioni.
Accendere una candela, simbolo di luce e speranza, potrebbe sembrare un gesto semplice, ma racchiude una saggezza profonda, quella di chi ha sempre trovato nella natura una guida.
Invitiamo chi legge a riscoprire queste tradizioni, a viverle come momenti di riflessione e celebrazione. E chissà, magari proprio nelle montagne di Monterenzio, dove la luce gioca con i boschi e le montagne, potrete trovare il luogo perfetto per accogliere questa energia di rinnovamento!